Danno all’Ambiente

Cosa fare in caso di pericolo di danno all'ambiente?
In caso di Danno all’ambiente o sua minaccia imminente, il responsabile ha l’obbligo di autodenunciarsi a Comune, Provincia, Regione, Prefetto della Provincia di competenza, ai sensi dell’Art. 304 del D. Lgs. 152/2006 e di mettere in atto le misure di prevenzione per limitare le conseguenze dell’evento o impedire che si verifichi il danno all’ambiente.
Un’altra cosa da fare è avvisare il proprio assicuratore, sia che abbiate solo una Polizza di RC Generale con estensione all’inquinamento accidentale sia che abbiate una polizza dedicata per i Danni all’Ambiente. Per le imprese assicurate con una delle Compagnie riportate qui (link elenco soci pool) il Pool Ambiente mette a disposizione i migliori tecnici e legali per fornire il miglior supporto all’impresa.
Sulla base delle risorse naturali coinvolte così come dell’attività svolta dal responsabile cambiano i relativi obblighi di bonifica e ripristino.
Quando si verifica un evento inquinante (si pensi ad es. ad uno sversamento di prodotti chimici in un fiume) ci possono essere sia contaminazione delle matrici ambientali sia danni a terzi. Le principali norme che regolamentano gli obblighi in capo alle imprese in caso di evento di danno all’ambiente sono 3:
- Responsabilità civile per danni da Inquinamento (Codice Civile, Articoli 2043 e seguenti);
- Responsabilità ambientale (D. Lgs. 152/2006):
- Bonifiche (D. Lgs. 152/2006, Parte IV, Titolo V e succ. modifiche);
- Danno ambientale (D. Lgs 152/2006, Parte VI e succ. modifiche;
- Responsabilità penale (Codice penale e D.Lgs. n.231/2001)
La disciplina del risarcimento dei danni derivanti da un evento di danno all’ambiente si compone quindi di responsabilità civile per i danni a persone e cose e responsabilità ambientale per i danni alle risorse naturali. Il decreto legislativo 121/2011 ha introdotto l’articolo 25-undecies nel decreto 231/2001, estendendo al settore ambientale la responsabilità amministrativa degli enti e delle persone giuridiche.
Obbligo di bonifica
La maggior parte dei casi di danno all’ambiente in Italia rientra negli obblighi previsti dalla normativa sulle Bonifiche (D. Lgs. 152/2006, Parte IV, Titolo V e succ. modifiche). Si tratta di una Responsabilità Oggettiva con uno schema di obblighi precisi e tempistiche definite.
Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell'inquinamento mette in opera entro 24 ore le misure necessarie a contenere la diffusione degli inquinanti e ne dà immediata comunicazione a Comune, Provincia e Regione interessati. La medesima procedura si applica anche all'individuazione di contaminazioni storiche. Se dopo l'indagine preliminare risulta che nel suolo è presente anche solo una sostanza superiore ai limiti tabellari (CSC -Concentrazione Soglia di Contaminazione) il responsabile deve effettuare la caratterizzazione del sito e l'Analisi di Rischio sito specifica per determinare se si sono superati i CSR (Concentrazione Soglia di Rischio) che costituiscono i livelli di accettabilità per quel sito). Il superamento dei CSR determina l'obbligo di bonifica da parte del responsabile di:
- Suolo
- Sottosuolo
- Acque superficiali e sotterranee
Gli obblighi di bonifica e ripristino sono i medesimi sia all'interno che all'esterno del sito da cui la contaminazione ha avuto origine. Il procedimento risulta concluso con la certificazione della Provincia.
Sanzioni Amministrative e penali: l'articolo 257 del D.lgs.152/2006 sancisce che chiunque cagiona l'inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle CSR è punito con la pena dell'arresto da 6 mesi a 1 anno o con l'ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato dall'autorità competente. In caso di mancata effettuazione della comunicazione a Comune, Provincia e Regione interessati entro 24 dall'evento potenzialmente inquinante, il trasgressore è punito con la pena dell'arresto da 3 mesi a 1 anno o con l'ammenda da 1.000 euro a 26.000 euro. Si applica la pena dell'arresto da 1 anno a 2 anni e la pena dell'ammenda da 5.200 euro a 52.000 euro se l'inquinamento è provocato da sostanze pericolose.
Obbligo di ripristino del danno ambientale
La Direttiva 2004/35/CE ha istituito un quadro comune europeo per la responsabilità ambientale basato sul principio chi inquina paga in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale recepita nell'ordinamento italiano con il D. Lgs. 152/2006, Parte VI, che riscrive la norma di riferimento per il danno ambientale abrogando l'Art 18 della Legge 349/86.
La Direttiva ha introdotto un regime di responsabilità ambientale esclusivamente per i danni al suolo, acque ed specie ed habitat naturali protetti, lasciando invece ai singoli stati membri la disciplina del risarcimento a terzi.
Nel D. Lgs. 152/2006 il danno ambientale è definito come "qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima", in particolare ai sensi della Direttiva 2004/35/CE è danno ambientale il deterioramento delle specie ed habitat naturali protetti, delle acque e del terreno.
È il Ministero dell'Ambiente ad esercitare l'azione per il risarcimento del danno ambientale e ad emanare ordinanze, immediatamente esecutive, per chiedere l'adozione degli interventi di ripristino necessari ai responsabili del danno.
Il Responsabile ha quindi l'obbligo di adottare misure preventive e di ripristino in caso di minaccia o al verificarsi di un danno ambientale, nel caso in cui non realizzi tali interventi è il Ministero ad adottarli, salvo poi rivalersi sul responsabile per il rimborso delle spese sostenute. La parte VI del testo unico non fa distinzione tra attività pericolose e non. È infatti rivolta a tutti coloro che, persone fisiche o giuridiche, esercitano o controllano un'attività economica di carattere professionale che possa avere un impatto sull'ambiente.
Su questi soggetti gravano precisi obblighi in caso di dolo o colpa, in particolare:
- Obbligo di comunicazione, in caso di danno potenziale o realizzatosi, entro le 24 ore al Comune e al Prefetto che informa il Ministero;
- Obbligo di adozione, entro le 24 ore, delle misure di prevenzione necessarie all'impedire il realizzarsi dell'evento in caso di danno ambientale potenziale e di ripristino ambientale al verificarsi del danno.
Il provvedimento prevede regimi differenziati a seconda della matrice ambientale colpita dal danno:
- Nel caso del danno alle acque o alla biodiversità le azioni di riparazione previste si distinguono in interventi primari, complementari e compensativi. Secondo i richiamati criteri, il problema della valutazione del bene leso si trasforma nella quantificazione dei costi necessari ai fini del ripristino, ovvero di costi materiali che devono essere effettivamente sostenuti (investimenti, macchinari, ore di lavoro) e che risultano quantificabili in quanto scambiati sul mercato;
- Il regime relativo al danno al suolo risulta diverso rispetto a quello sopra esaminato; in questo caso la riparazione prevede l'adozione di misure atte a garantire l'eliminazione, la circoscrizione o la diminuzione degli agenti contaminanti in misura almeno sufficiente da rimuovere il rischio significativo di effetti nocivi per la salute umana. Anche in questo caso la valutazione dell'intervento si basa su informazioni di tipo tecnico operativo, misurabili secondo dati e informazioni disponibili sul mercato.
I responsabili del danno ambientale sono obbligati in primo luogo al ripristino della precedente situazione e, in mancanza, al risarcimento per equivalente.
Responsabilità civile
La risarcibilità dei danni alla persona e dei danni materiali alle cose originati da eventi di inquinamento si basa sulla disciplina ordinaria della responsabilità civile extra-contrattuale ai sensi dell'Art. 2043 del Codice Civile che prevede che "qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno". In questi casi l'inquinamento risulta solo la causa del danno prodotto a terzi che può arrecare un pregiudizio sui beni individuali (proprietà, salute, disponibilità economiche) del danneggiato. Legittimato all'azione risulta in questa fattispecie il soggetto che abbia visto leso il proprio diritto in conseguenza di un'azione compiuta con dolo o colpa, con competenza in capo al giudice ordinario e secondo un regime che prevede il risarcimento in forma specifica o per equivalente, se il giudice determina che la reintegrazione in forma specifica risulta troppo onerosa. Per danno a terzi si intende il danno:
- A persone:
- Biologico o alla salute;
- Patrimoniale, riconducibile al danno emergente e/o al lucro cessante quale conseguenza della riduzione o della cessazione del reddito;
- Morale, legato alla sofferenza fisica e/o psichica;
- Esistenziale.
- A cose di tipo materiale;
- Da interruzione o sospensione di attività industriali, commerciali, agricole, o di servizi e in genere di utilizzare i beni che si trovino nell'ambiente interessato dall'inquinamento.